Cinema in jail

cie
“Raccontare il quotidiano è una grande sfida” ha dichiarato Daniele Vicari, il regista di “Sole, cuore, amore”, il primo film italiano nella selezione ufficiale della Festa del cinema di Roma.
Il film racconta la dura vita di due lavoratrici precarie dell’hinterland romano costrette a sacrifici di ogni tipo per poter sbarcare il lunario, ma rispetto ad altri film che fotografano la vita di periferia e il mondo della disoccupazione e del precariato, in “Sole, cuore, amore” non si commette alcun reato. Anche per questo motivo, proiettare il film al Teatro Libero di Rebibbia, con un pubblico composto da detenuti comuni, studenti, insegnanti, vecchi e nuovi “affezionati” è stata, altrettanto, una sfida.
Il regista presente all’evento ha parlato la sua esperienza professionale pregressa all’interno dell’Istituto penitenziario capitolino. Ha ricordato anche che da piccolo considerava il carcere – che si trova vicino al quartiere San Basilio dove è cresciuto il regista – come una realtà estranea alla zona, ma dopo averla conosciuta dall’interno, è arrivato alla conclusione che il carcere rappresenti la “nostra cattiva coscienza”.
cieloVicari si è scusato per aver portato un film che fotografa una realtà molto dura e ha promesso che ritornerà al teatro di Rebibbia con una commedia, promessa apprezzata e sostenuta con grandi applausi da parte del pubblico composto dagli abitanti dell’istituto.
Il regista ha sottolineato che è comunque contento di aver portato il film in carcere perché la sua opera mostra come si possono uccidere delle persone senza spargere del sangue e finire in carcere come è successo ad alcuni ospiti di Rebibbia.