Odissea vaccinale

luglio 2021

Io:”Possiamo entrare insieme?”

Vigilante hub: “Certo, come si dice? Nel bene e nel male.”

Io in preda all’ennesimo attacco di panico dovuto al maledetto vaccino: “speriamo nel bene questa volta.”

Ovviamente al hub, tra tutte le decine di persone vaccinate, solo a me hanno perso la cartella e non mi potevano rilasciare il certificato vaccinale. Tre tizie al desk cercano di aiutarmi ma non capiscono il cognome.

– Hristian

+Come?

– Acca ristian

+Acca?

-Sì, come hotel.

+Otel?

-Christian senza la C

-Ah ok, Cristian. E il cognome?

Se non mi stronca il vaccino, lo farà la burocrazia.L’hanno trovata dopo 35 minuti, quando una delle tre ebbe l’intuizione di cercare la cartella del mio lui che ha un cognome pronunciabile e a loro comprensibile. Lei, ironica: “Siete in due e, ovviamente, le hanno spillato insieme”. Io, comprensibile: “Succede anche al supermercato. Due al prezzo di uno”.

Tutto sommato, ne è valsa la pena farsi “sti 60 km per vaccinarsi. Tutto ben organizzato, pulito (le sedie erano tutte bagnate dal sudore di quelli seduti prima, ma vabbè), personale giovanissimo, professionali, veloci, disponibili. Ci fanno accomodare nella stanza dell’accettazione dove la signorina controlla i moduli compilati prima di smistarci. Guarda il campo “vaccino da somministrare” e leggendo “comirnaty” si stranisce:

-Ma dovete fare AZ o Pfizer?

In coro: Pfizer

-Eh no, perché da qui non è che si capisce.

+ Guardi che è il nome del vaccino Pfizer.

-Ah sì? Non lo sapevo.

Bello, bellissimo e molto confortante soprattutto quando sei in preda a un attacco di panico. Contenta di aver insegnato il nome del vaccino alla tizia dell’accettazione (faccio anche cose buone), mi siedo sulla sedia bagnata dalla cavia che mi ha preceduto e spero che almeno chi mi vaccinerà saprà distinguere tra il vaccino e una fiala di acido ialuronico. Tra assomigliare alla Santanché e prendere Netflix con il braccio, preferisco la seconda.
Per fortuna, il dottore agè mi tranquillizza grazie alla sua calma e professionalità. Quando mi elenca tutti i sintomi che non dovrei avere gli dico che sono settimane che ne ho diversi e molti altri dovuti all’ansia e lui mi consola: “signora, ha una bella croce da portare”. Eh, già. Finita l’anamnesi, mi fanno riaccomodare su una delle sedie sudate. Penso alle infezioni vaginali che mi potrebbero venire dopo questa giornata, ma per fortuna non mi danno il tempo di angosciarmi troppo. Ci fanno spostare dietro un pannello in quattro insieme a due infermiere giovanissime. Mi rendo conto che ormai mancava poco e inizio a pensare che devo scattare la foto del fattaccio per massacrare chi mi continua a chiamare novax. Chiedo all’infermiera che mi stava vicina se nella stanza della vaccinazione ci sarà qualcuno che può scattarmi la foto. Lei rimane interdetta mentre gli altri tre si mettono a ridere. Presa da questo piano non avevo notato che l’altra infermiera aveva già i”inoculato il dna delle scimmie” nel braccio di una delle quattro persone sedute. Si sono impietosite e si sono prestate per il dovuto servizio fotografico. Passati i 15 minuti sotto osservazione, inizio a sentire dolore al braccio, prurito alla gola, fame d’aria, sudorazione forte, giramenti di testa. Avverto un giovanissimo stewart o quello che è che mi accompagna da un dottore. Mi misura la pressione (alta, molto alta) e la saturazione.
– Ha sempre la pressione così alta?
+ Non me la misuro di solito, ma se sono in preda al panico è alta. È una conseguenza del vaccino? chiedo preoccupata ma anche speranzosa.
– Assolutamente no, la saturazione è perfetta. Il suo problema è un altro.
+ Non morirò di covid, ma di ansia per il covid. Che sollievo!

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